giovedì 2 settembre 2010

Pacey Witter: Quando la pecora nera oscura quella bianca

Ricordate il modo di fare di Pacey di Dawson’s creek? Alzi la mano a chi non gli manca quel ragazzo scapestrato, a cui un po’ tutti vorrebbero somigliare. Inizialmente il personaggio di Pacey non sembrava celasse tale complessità, eclissato dall’egocentrismo di Dawson. Eppure dopo sei serie diventa inevitabilmente il protagonista della serie. Ma andiamo con ordine. Pacey nelle prime serie è sempre stato un ragazzo cresciuto all’ombra del fratello Doug, ragazzo che non discute gli ordini del padre e che intende seguirne le orme. Ciò fa vedere Pacey come la pecora nera della famiglia e come una sorta di fallito su cui nemmeno il padre punterebbe un centesimo. I suoi compleanni vengono passati, con delusione, fra aneddoti che lo mettono in ridicolo di fronte ai membri della famiglia e non solo. A scuola non eccelle, anzi... Il rapporto con il padre non è buono, il figlio vorrebbe avvicinarsi di più al padre, vorrebbe sentirsi dire parole del tipo “sono fiero di te”, ma dall’altra parte arrivano sempre parole dure che altro non fanno che far diminuire l’autostima di Pacey. Tuttavia le cose cambiano nel momento in cui si innamora. Inizialmente ha una storia con la professoressa di inglese Tamara e comincia a migliorare i suoi voti, trovando in lei gli “stimoli” per essere diligente anche nello studio. Terminata la storia con l’insegnante conoscerà Andy e grazie alla fiducia che lei pone in lui riesce a trovare la forza di rialzarsi.
Ma i rapporti che segneranno per sempre la sua esistenza sono essenzialmente due: quello con l’amico fraterno Dawson, e quello con Joey. Dawson per Pacey c’è sempre stato, ha sempre riposto in lui anche quella fiducia che nemmeno il padre ha saputo dargli, fiducia che ne incrinerà il rapporto quando Pacey si innamorerà di Joey, dando vita a uno dei triangoli più apprezzati della storia dei teen drama. Il rapporto con la brunetta tutto pepe e Witter è il classico sentimento che nasce da un’antipatia reciproca e si trasforma in qualcosa di inaspettato, ciò però provocherà la rottura totale del rapporto fra i due amici di sempre, lasciando a Pacey una sensazione di eterno rimpianto. E’ singolare come si possa intendere Pacey come un personaggio a due facce: mediocre al liceo e nelle esperienze lavorative, ma un vincente in amore, dal momento che è capace di conquistare il cuore di ragazze difficili come Andy e Joey.
Pacey è così, un ragazzo intelligente ma che ha bisogno di essere stimolato e incoraggiato per dare il meglio, il tipico ragazzo che si nasconde nella sua mediocrità ma che se vuole può far ricredere tutti e ribaltare qualunque situazione impossibile. Tuttavia non riesce a togliersi quell’etichetta di fallito, a causa di quelle certezze che quando sembrano assodate vengono incredibilmente meno. Contava infatti sull’amore di Tamara e di Andy e sistematicamente le perde (l’una perché è costretta a trasferirsi in seguito allo scandalo scoppiato a scuola, l’altra per aver tradito Pacey con un collega dell’ospedale psichiatrico), conta sull’amicizia di Dawson che viene meno nel momento in cui Pacey si innamora di Joey, riesce a far galleggiare di nuovo la sua barca “vero amore”, ristrutturata da lui stesso, e la vede affondare nell’oceano.
Tutti questi presupposti hanno fatto innamorare milioni di fan al suo personaggio, tanto da far pensare che Williamson avrebbe fatto meglio a chiamare la sua creatura Pacey’s creek, ma forse sarebbe suonato troppo cacofonico! Una cosa è certa, sembra palese che il personaggio di Dawson, di fronte a quello di Pacey perde di originalità, perché a volte, tra tante pecore bianche, c’è anche bisogno di una pecora nera che si distingua dalle altre...

Francesco Sciortino

JUS IN BELLO: Tutto sulla guerra dei fratelli Winchester

Le regole della guerra sono state stabilite, ma non stiamo parlando di una guerra comune, bensì di una guerra particolare dall’esito incerto: ovvero quella fra demoni e fratelli Winchester.
Negli episodi sovrannaturali di Supernatural emergono due figure contrastanti, sebbene siano fratelli: Sam e Dean Winchester. Tutto cominciò quando Dean avvisa il fratello Sam della scomparsa del padre, reo di essere andato a caccia di demoni e non ancora tornato.Sam è sostanzialmente un tipo tranquillo, nonostante la morte della madre, uccisa da un demone. Non ha sete di vendetta e pensa a condurre una vita normale, da buono studente e con la sua ragazza Jessica. La morte di quest’ultima, causata anch’essa da un demone, accenderà un’ira inarrestabile da parte di Sam che lo spingerà a ributtarsi nel mondo della caccia assieme al fratello. Dean, invece, è una figura molto più complessa . Usa infatti il pretesto della scomparsa del padre per riavvicinarsi al fratello. Sente moltissimo la mancanza del senso della famiglia e vorrebbe riallacciare i rapporti con Sam. Dean è il fratello maggiore ed è convinto di avere un compito: ovvero proteggere il fratello minore e tutta la sua esistenza è stata condizionata da ciò. Tuttavia non è un compito che gli pesa, anche perché è consapevole che la fine della caccia potrebbe significare un ulteriore allontanamento dal tanto amato fratello, che a sua volta riveste il ruolo di “mente” fra i due, mettendo in pratica il frutto dei suoi studi. La figura di Sam, però, non è da sottovalutare. Infatti man mano che la serie va avanti aleggia un mistero su di lui, dal momento che è in grado di fare cose di cui persino i demoni hanno timore. Il rapporto tra Sam e Dean rimanda a un tema molto importante di questa serie, ovvero la famiglia. Il farne parte ed esserne tanto attaccati però provocherà sempre gli stessi problemi ai fratelli, rendendoli l’uno il tallone d’Achille dell’altro, come testimoniano i continui patti con il diavolo stipulati prima dal padre John per salvare l’anima di Dean, e poi quello di quest’ultimo per riportare in vita Sam. Supernatural però, pur toccando l’aspetto del sovrannaturale, cerca di essere molto vicino alla realtà, come dimostrano i riferimenti a fatti realmente accaduti. Uno di questi è il presunto patto stipulato dal musicista Robert Johnson con il diavolo, oppure la leggenda sui blackdogs, visti da Johnson nel momento della morte (si pensa che fossero venuti a riscuoterne l’anima) ed elemento ricorrente della serie. Oppure riferimenti a film come Poltergaist o Il sesto senso. Altri aspetti ben curati sono le frasi latine di evocazione, il kit di sopravvivenza anti demone, ovvero una corona da rosario e acqua santa a volontà, la mitica chevriolet impala di Dean, che quest’ultimo protegge come fosse Sam, la musica rockettara, ma soprattutto la magica Colt, secondo la leggenda, creata da Samuel Colt, capace di eliminare qualsiasi essere sovrannaturale e persino di aprire la porta dell’inferno. Ancora un altro aspetto importante che emerge in questa serie è il particolare conflitto tra bene e male, dal momento i due fratelli rappresentano il bene, mentre, ovviamente gli esseri contro cui combattono, il lato oscuro del mondo. Inoltre Dean e Sam vivono a loro modo la religione, sebbene non sia affrontato in molti episodi. Dean è scettico, ha sempre svolto lui il ruolo di “angelo custode” di Sam e le esperienze passate lo hanno portato a capire che non ci sia altro se non il male, mentre Sam sembra essere più propenso a credere in qualcosa.
La guerra, nonostante siano trascorse diverse stagioni, è appena iniziata! Adesso tocca a voi scendere sul campo di battaglia! Un solo consiglio: evitate di scendere a patti con il diavolo, perché prima o poi tornerà a riscuotere la vostra anima!

Francesco Sciortino



martedì 20 luglio 2010

Tu vo fa' l'italiano! La nostra televisione è in crisi!

Si, l’Italia è il paese del buon cibo, della grande letteratura e dei grandi film d’autore, eppure c’è un settore nel quale non riesce ad eccellere e a dimostrarsi originale: i telefilm.
Già il fatto che noi italiani le chiamiamo “fiction” e non “telefilm” è simbolo di un’arretratezza ingiustificata nei confronti degli Stati Uniti. A fare riflettere un articolo di un po’ di tempo fa di Chiara Poli, importante giornalista che si occupa di telefilm. In esso la Poli riflette, seguendo la scia di Boris, sull’assenza di originalità della fiction italiana. Ma la cosa più grave è che non sono gli sceneggiatori o gli scrittori privi di idee, ma sono i vertici delle “grandi” fiction a limitarli, accusandoli di essere troppo “americani” per i gusti del popolo dello stivale. Ma se i telefilm americani hanno un grande successo in Italia ci sarà un motivo no? Perché si ha tanta paura di fare un prodotto di alta qualità e originale? Perché gli sceneggiatori si devono creare problemi sull’essere troppo americani e non sull’essere troppo italiani?
Supponiamo che per la nostra nazione si aggirino i “nuovi” jj. Abrams, Kevin Williamson o Josh Schwartz, le loro idee verrebbero sicuramente limitate per paura che il pubblico italiano non capisca.
Intervistando diversi attori della televisione italiana, c’è una certa consapevolezza che rispetto al continente americano siamo indietro anni luce e i fattori sembrano essere molteplici. Oltre a quelli già citati prima, infatti, emergono anche la sproporzione dei budget e la mancanza di coraggio delle reti di diversificare i temi. Proprio di mancanza di coraggio ha parlato, al Roma Fiction Fest, Claudia Mori. La produttrice televisiva ha denunciato appunto questo aspetto e ha messo in risalto le difficoltà che si incontrano a far passare certi temi tra i canali generalisti, perché essi preferiscono mandare in onda serie “consolanti”. Insomma anche gli attori e i produttori nostrani si sentono un po’ come Stanis La Rochelle di Boris, ovvero prigionieri dell’essere troppo italiani. Boris, insieme a Non pensarci e a Romanzo criminale sembrerebbero le uniche serie innovative e originali, che non basano i loro successi su storie familiari o sul “dramma” che può essere dimenticarre di andare a prendere il proprio figlio a scuola. Non fraintendiamoci serie come Un medico in famiglia e I Cesaroni sono serie di successo e, soprattutto nelle prime serie, è giustificato, perché anche esse dimostrano di essere buoni prodotti e ben recitati. Ma dopo qualche serie il clima cambia, il tono di serietà che caratterizzavano le prime serie scompare, aumenta il lato comico, e l’originalità comincia a scomparire, dal momento che non sanno più a che santo votarsi per mantenere credibilità. E allora cominciano le morti di personaggi importanti, i divorzi di matrimoni che avevano fatto la storia di quelle fiction, separazioni, tradimenti, gente incinta... Insomma la gente continua a seguire la serie più perché ormai si è affezionata ai personaggi e alle vicende, piuttosto che per la qualità e per l’originalità. Pensateci bene! Non è davvero così?
Occorre quindi correre ai ripari alla svelta, perché è in ammissibile che in America ci sia un’enorme varietà di generi, mentre in Italia esiste soltanto il family, il crime e la sit-com.
Per tentare di risolvere il problema bisogna concedere più fiducia agli sceneggiatori prima che si stanchino di essere troppo italiani, perché va bene avere spirito patriottico, ma così c’è veramente il rischio di rimanere troppo indietro e che il pubblico decida abbandonare le serie italiane perché, in fondo, sentirsi americani nel contesto televisivo è sicuramente un grande complimento!

Francesco Sciortino

domenica 11 luglio 2010

Riflessioni sulla scrittura...

Non sottovalutate mai il valore della scrittura. Alcuni lo fanno per rabbia, altri per amore, altri ancora perché non hanno il coraggio di dire qualcosa, altri infine per esternare quello che gli succede dentro. Ricordate che c'è sempre un motivo che vi spinge a prendere quella penna in mano, l'importante e' che non ne troviate uno per buttarla...

sabato 10 luglio 2010

The special one... Tree Hill


In Italia i teen drama che hanno avuto un immediato successo sono stati senza dubbio Beverly hills 90210, Dawson’s creek e The O.C., forse perché hanno avuto maggiore visibilità, o forse perché sono stati collocati in palinsesti più appropriati. Nonostante non abbia avuto la stessa visibilità delle tre citate prima, One Tree hill non sembra avere nulla da invidiare ai top drama made in U.S.A.. Ma vediamo un po’ com’è Tree Hill.
Lucas Scott definisce Tree Hill come “un posto come tanti altri nel mondo, forse somiglia al tuo di mondo, o forse non gli somiglia affatto...”. Si, perché questa serie parla di due fratellastri che a mala pena si sopportano, Nathan e Lucas, ma che riescono a trovare punti in comune con il passare del tempo che permetteranno ai due di diventare amici quasi inseparabili. Essenzialmente tra questi punti in comune ci sono: il Basket, sport che amano alla follia entrambi, l’odio per il padre Dan, ed Haley, migliore amica di Lucas e amata di Nathan. Una delle cose che maggiormente si apprezzano di questa serie è il realismo dei personaggi, che si avvicina notevolmente al modo di pensare che può avere un adolescente. Nathan infatti è un ragazzo spaccone e spocchioso, è consapevole che può ottenere ciò che vuole con enorme facilità, abituato a primeggiare in tutto. Queste certezze crolleranno con l’arrivo di Haley che renderà il ragazzo d’oro di Tree hill fragile di fronte a lei, a tal punto da sentirsi inadeguato. Al contrario Lucas è un ragazzo umile, si accontenta di poco per essere felice: sua madre, la sua migliore amica e le partite di basket al campo con gli amici di strada. Gli altri personaggi appaiono altri ragazzi normali, con le loro passioni: Peyton ama l’arte e la musica, Brooke la moda, Haley lo studio e il canto, passioni che verranno realizzate in seguito nei loro rispettivi lavori. Questo realismo mancava un po’ nel Dawson di Williamson, che appariva un po’ come un “piagnone” che pensava più ad immaginarle le cose piuttosto che a farle, e forse è per questo che si apprezza maggiormente il personaggio di Pacey, perché nella sua imperfezione e spontaneità è perfetto nel ruolo di ragazzo. Invece in One Tree Hill i personaggi si pongono sullo stesso piano ed è difficile fare una scelta tra i due protagonisti. Altro punto di forza della serie prodotta da Mark Schwahn sono le citazioni che rendono speciale ogni episodio. Infatti ogni adolescente percorre diverse fasi comuni ad ognuno, che possono essere l’innamoramento, la fine di una storia che irrimediabilmente spinge a pensare al passato, il demoralizzarsi davanti ad ogni insuccesso della vita. Infatti ogni episodio termina quasi sempre con una frase di un filosofo, letterato o celebre personaggio che da, in un certo senso, consigli di vita allo spettatore, addirittura fino a tirarlo su di morale . Chi vede le puntate instaura un rapporto quasi diretto con i personaggi e si immedesima a tal punto che si sente partecipe delle vicende di Tree hill. Nonostante possa sembrare strano, assume un tono quasi didascalico nella sua profondità. Esso infatti insegna che la gelosia acceca gli uomini a tal punto da dimenticare il legame di parentela, come accaduto ai personaggi di Dan e Keith; insegna che la passione per uno sport come il basket può togliere dei ragazzi dalla strada, grazie all’aiuto di borse di studio, come accaduto a Skills; può insegnare che nella vita bisogna provarci, senza dare l’opportunità al fuoco che divampa dentro di noi di spegnersi, annientando ogni possibilità di conquistare la vita che ognuno di noi merita; e infine può insegnare che grazie all’amore delle persone care e alla propria forza di volontà, un ragazzo finito su una sedia a rotelle come Nathan può rialzarsi e tornare a combattere per riprendersi la vita di prima. Molto coinvolgenti sono anche le storie d’amore, come quella eterna tra Nathan ed Haley e il duello epico tra i Brookas (Lucas e Brooke, chiamati così dai fan per abbreviare i nomi della coppia) e i Leyton (Lucas e Peyton). Le prime due coppie sono simbolo della teoria degli opposti che si attraggono, l’ultima invece è simbolo dell’unione delle due metà della mela. Coppie, intrighi, sport, drammi, questa è Tree Hill, perché in fondo “Tree Hill è un posto come tanti altri nel mondo, forse somiglia al tuo di mondo, o forse non gli somiglia affatto. Ma se lo guardi con attenzione potresti vederci qualcuno come te. Che sta cercando di trovare la sua strada. Che sta cercando di trovare il suo posto. Che sta cercando di trovare se stesso. A volte ti sembra di essere l'unico al mondo che sta lottando, che è frustrato o insoddisfatto o che non riesce ad andare avanti. Ma è una falsa sensazione. E se solo tieni duro, se solo trovi il coraggio per affrontare tutto per un altro giorno qualcuno o qualcosa ti troverà e metterà tutto a posto. A volte tutti abbiamo bisogno di un piccolo aiuto. Di qualcuno che ci aiuti ad ascoltare la musica del mondo e ci ricordi che non sarà sempre così. Che li fuori c'è qualcuno, e quel qualcuno ti troverà”.

Il mio nome è Sawyer... James Sawyer

Sull'isola di Lost c'e' un personaggio che sembrava già dal nome essere predestinato a finirci: James Sawyer. Capelli lunghi, biondi, che a volte coprono il suo sguardo tormentato. Dopo un'infanzia difficile, nella quale assiste impotente all'omicidio della madre per opera del padre, prima di suicidarsi, decide di dedicarsi all’attività di truffatore. Dopo aver scoperto il tradimento della madre, con un truffatore appunto, di nome Tom Sawyer, la sua vita prende una brutta piega. Cresciuto James, ad un tratto, si ritrova ad essere proprio come la persona che non avrebbe mai voluto essere. Nella sesta serie singolare è l’episodio che racconta di come sarebbe andata la sua vita se avesse scelto la strada opposta, ovvero quella da poliziotto. Dopo aver trovato l’uomo che gli aveva rovinato la vita, vola in Australia per ucciderlo, atto che compierà dopo molte incertezze, facendo di James un finto spavaldo, ma tendenzialmente insicuro. Ma non è l’unico gesto che testimonia ciò, infatti nella vita pre-isola, ha commesso diverse incertezze, come quando non porta a termine una truffa verso una famiglia, perché di quella famiglia faceva parte un bambino di dieci anni e temeva che rimanesse traumatizzato un po' come lui; oppure la mancata truffa alla sua ragazza che gli costa un periodo in galera. Sawyer sull'isola inizialmente non e' ben voluto, infatti compie atti di sciacallaggio, si impossessa di tutti gli oggetti appartenuti ai cadaveri del volo, e rifila soprannomi a chiunque incontri sull’isola. Questo astio nei confronti degli altri naufraghi è il tipico atteggiamento di una persona che ce l’ha con il mondo e si rinchiude dietro una forte corazza, ovvero l’arroganza. Il suo unico desiderio è lasciare quella maledetta isola ed inizialmente il suo obiettivo è farlo a qualunque costo senza l’aiuto di nessuno. Ma con il passare del tempo pian piano rivedrà il suo atteggiamento e si adatterà alla massima di Jack:” se non riusciamo a vivere insieme, moriremo soli”. Anche gli altri naufraghi troveranno difficoltà a coesistere con il carattere di Sawyer ma cominceranno ad abituarsi persino ai suoi soprannomi, in particolare il povero Harley, il più bersagliato di appellativi come Jabba o come Jumbo. Sull'isola Sawyer vive due importanti storie d'amore: la prima e' con Kate; la "sua" lentigini. Il loro amore e' cominciato con un bacio strappato con l'inganno. Amore che durerà fino al termine della quarta serie, quando Sawyer, per amore di Kate, mostrerà grande generosità decidendo di gettarsi in mare, dall'elicottero che li avrebbe portati alla vita normale. E’ in questo gesto che emergerà una parte di lui mai emersa fin ora, ovvero quello di mettere al primo posto l’amore che prova per Kate, pur consapevole che probabilmente la perderà per sempre, piuttosto che il suo desiderio di lasciare l’isola. Da quel suo tuffo comincia la storia d'amore con Juliet. Catapultati indietro nel tempo sviluppa un'intesa fuori dal comune con la dottoressa, ex membra de "gli altri" e sarà colpito da un tremendo dolore alla sua morte. Dolore che metterà in luce un carattere fragile, e lo sfogo in lacrime con Kate ne e' la prova. Vediamo ormai un Sawyer stanco di soffrire per amore e crede che la sua anima sia destinata a rimanere sola, mostrando una grande paura di ciò. Rapporto di amore e odio, invece, è quello che vive nei confronti di "Doc" Jack. Sono due leader indiscussi, non c’è dubbio. In Jack domina la ragione, essendo un uomo di scienza, come l’aveva definito Locke, mentre in James l'impulsività, per questo motivo son destinati a scontrarsi quasi sempre. Tuttavia dopo sei serie non si e' ancora capito se siano amici oppure no. Nonostante siano rivali per contendersi l'amore di Kate, a meta' Lost, Sawyer aveva definito Jack come "quello che si avvicina di più ad un amico", ma la morte di Juliet ne incrinerà pesantemente il rapporto. Malgrado tutte le incomprensioni, nell’epilogo troviamo un James grato nei confronti di Jack e lo ringrazia per tutto quello che ha compiuto nell’isola. Beh, penso di aver parlato abbastanza di Sawyer, meglio fermarsi qui, anche perché se chiedessi a lui sull’eventualità di dilungare questo discorso sono convinto che mi risponderebbe con la solita ironia:" bel piano! e poi canteremo Cumbaja e faremo esercizi di fiducia!".

Caro Maestro... di vita

A ci piace perché parla con il cuore, b ci piace perché e' buono come il pane, C ci piace perché sogna e fa sognare, d ci piace perché e' più, più che speciale!... Vi ricorda qualcosa questo motivetto? Magari vi rimanda alla vostra infanzia tra merendine e tabelline? Si, perché come avrete capito stiamo parlando di Caro Maestro, serie italiana evento degli anni 90. Grandi e piccini erano incollati ai teleschermi per seguire le avventure dei piccoli della scuola elementare di Forte dei Marmi. Protagonista della serie e' Marco Columbro, che interpreta i panni del maestro Stefano Giusti, tornato ad insegnare dopo l'esperienza poco appagante da conducente d'autobus. La destinazione, per uno strano scherzo del destino, e' proprio a Forte dei Marmi, città di gioventù di Stefano e dove ha lasciato la zia, interpretata da Sandra Mondaini, e l'amore adolescenziale Elisa, interpretata da Elena Sofia Ricci. Elisa nel frattempo si e' sposata, ha avuto una figlia, di nome Giulia e divorziata. Non si può dire che le cose non siano cambiate da come le aveva lasciate Stefano, tuttavia, messo al corrente del divorzio di Elisa, cercherà di riconquistare il primo amore della sua vita. Il personaggio di Stefano però non incarna soltanto il tipico maestro che vuole insegnare quattro concetti agli alunni, ma e' una sorta di padre per loro ed entra nelle loro vite, preoccupandosi anche dei loro problemi, perché come sostiene lui studiare e imparare di certo non fa male, ma prima di tutto occorre imparare ad amare. Significativo e' anche il rapporto con Paolino, che provocherà la gelosia del padre e metterà in crisi il modo di insegnare di Stefano, ma che alla fine porterà il maestro ad assumere addirittura il ruolo di dottor Stranamore, facendo accoppiare il padre con una maestra della scuola. La cosa più bella di questa serie era senza dubbio il clima che si respirava nel vederla, leggera, simpatica e frizzante ma nello stesso tempo educativa. Caro maestro instaurava con lo spettatore un rapporto quasi familiare, che poche serie ormai riescono a trasmetterti. Siparietti simpatici erano i tentativi di Stefano di far smettere il pacioccone Simone di ingozzarsi, oppure i dialoghi con l'angelo custode Celestino, o gli approcci respinti inizialmente da Elisa, diffidente con gli uomini dopo il matrimonio fallito, i primi baci, i bimbi che cominciano a chiedersi cosa sia l’amore. L'ingenuità, la genuinità dei bambini facevano da specchio al personaggio di Stefano, che essenzialmente era come loro, un eterno bambino, un po’ Peter Pan grande che non aveva paura di sembrare ridicolo con il costume verde e un po’ Don Chisciotte che continuava a lottare contro i mulini a vento per conquistare in fondo ciò che aveva sempre desiderato. La seconda ed ultima serie si concluse con il momento più difficile per Stefano, ovvero prima dell'esame che significava dover dire addio a quel gruppo di bimbi. In un commuovente discorso con l'ormai moglie Elisa in riva al mare, Stefano si sente un po' come una chioccia che deve ormai lasciare andare i suoi piccoli, motivando che spera di avergli insegnato a non avere paura di tutti gli esami della vita e che ha cercato di essere per loro un amico più che un maestro, anche se un maestro per loro sicuramente lo e' stato, un maestro... di vita.